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Immagine del redattoreStaff Viaggi Solidali

TRAVEL STORY L’Amazzonia che non ti aspetti

Il fotogiornalista Aldo Pavan ci porta nel cuore della Bolivia, tra gli indios mosetenes. Il loro villaggio si raggiunge solo in barca. Ed è un esempio di turismo responsabile


Francisco Caimani è un indio mosetene. La selva amazzonica è la sua casa. I suoi sono passi sicuri tra il groviglio di rami e di liane che ci sbarrano la via. La selva respira e palpita al nostro passaggio, mentre la luce fatica a passare tra l’ordito delle foglie. Francisco si apre la strada con il macete. Colpi netti che rimbombano nell’aria immobile e calda. Il suono rimbalza di ramo in ramo e si unisce al coro degli uccelli che ci guardano dall’alto. Nuvole di pappagalli gridano come scolaretti in libertà. Versi striduli.

Siamo nell’Amazzonia boliviana a stretto contatto con gli indios mosetenes, una popolazione che si è stabilità lungo il fiume Quiquibey. Ma questo non è un viaggio come gli altri. Perché è un esempio di “turismo responsabile”. Questa comunità di 35 famiglie ha aperto, con l’aiuto di alcune organizzazioni internazionali, un ecolodge per accogliere i turisti. L’obiettivo è quello di dar vita a una forma di turismo sostenibile e solidale in una delle aree più sensibili del pianeta.

La nostra travel story parte dalla cittadina di Rurrenabaque. Il fiume Beni e i suoi affluenti sono la sola porta di accesso della selva amazzonica. Qui non ci sono strade. In quattro ore di barca si raggiunge il villaggio di Asuncion de Quiquibey dove vive la comunità dei mosetenes. All’ecolodge è stato dato il nome di Mapajo. Si dorme in bungalow dal tetto di paglia, con le pareti di fibra intrecciata, molto confortevoli, con tanto di bagno e acqua corrente (qui è un’eccezione) e zanzariere per ripararsi dagli insetti. Il ristorante serve piatti locali, necessariamente a “chilometro zero”, visto che quasi tutto il cibo proviene dai campi e dagli orti dei mosetenes. Francisco è una delle guide che conduce gli ospiti nelle escursioni a piedi e in barca. È lui che spiega come vive la comunità e quali sono le tradizioni della sua gente. Le entrate economiche dell’albergo servono a far fronte alle necessità collettive del villaggio e, in certi casi, a quelle dei singoli quando si trovano in gravi difficoltà. “Il nostro obiettivo” spiega Calos Aparisio, direttore del lodge di Mapajo “è dare un lavoro ai nostri giovani in modo che non siano costretti a dover emigrare verso La Paz, come spesso accade in molti altri villaggi dell’Amazzonia”. In Bolivia è stata creata una rete di “turismo comunitario” che fa capo all’organizzazione Red de Turismo Solidario Comunitario Tusoco , sostenuta anche dalla ong italiana Progetto Mondo Mlal.

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