Sono tornato. Tante cose da fare a casa ma la testa è altrove. Al-Quds (nome arabo di Gerusalemme) alle spalle, negli occhi l’ultimo giorno, i saluti ai nuovi amici, il giro sui camminamenti delle mura per rivedere ancora una volta i posti ormai familiari senza la ressa di turisti e pellegrini.
Campanili e minareti, scorci di vicoli, le tante porte
Bab el-Amud su tutte, ma anche la porta dei fiori, dei leoni, Zion, Yaffa, Golden Gate, la breccia attraverso la quale nel 1099 Goffredo di Buglione entrò in città, e l’indimenticabile grande cupola d’oro del tempio
Uno sguardo all’esterno delle mura, il Monte degli Ulivi, l’ ospedale degli italiani costruito nello stile dei palazzi rinascimentali di Firenze, con la torre svettante che ricorda quella di Palazzo della Signoria, le colline intorno, gli insediamenti israeliani dappertutto, come metastasi minacciose.
Con un tuffo al cuore riconosco anche Beit Sahour, dove ho vissuto per un mese, accanto alla città araba di Betlemme. I ricordi del tempo appena passato. Lo studio dell’arabo, alle prese con la ricchissima e stravagante grammatica, dove tutto si declina, anche gli avverbi, per non parlare di prefissi e suffissi monosillabici
Il piacere di girovagare nella città
di interesse turistico solo in un’area ben definita, Nativity e Grotto Church, il mercato, le bancarelle nelle strade colme di frutta e verdure variopinte, i falafel che friggono, la folla vociante e indaffarata, donne con l’abito tradizionale e ragazze con pantaloni attillatissimi, il venditore di succo di datteri col suo altissimo e lucido contenitore a forma di tubo
Io dapprima adocchiato come turista, ma dopo il primo weekend, vedendomi ripassare, accolto da un “Welcome back!” gridato da chissà chi
Il momento più difficile: il primo giorno nel reparto di oncologia infantile
i bimbetti tristi con le siringhe fissate sul dorso delle mani e sulle braccia, i genitori affranti, la saletta dei giochi che vorrebbe essere allegra con fiori e farfalle dipinte sulle pareti
I momenti più’ belli?
Quando riuscivo, giocando con loro, a far spuntare un sorrisetto, “basma” in arabo, sui visi dei bambini.
I momenti di dubbio
quando ti chiedi che senso ha essere qui
Il momento più shoccante: la visita a Hebron, dove gli insediamenti israeliani sono anche in città, dove le stradette del centro storico hanno per soffitto una rete su cui gli israeliani buttano dalle loro case ogni sorta di immondizia
Il momento più’ assurdo: le domande degli israeliani all’ ufficio emigrazione
“ll suo passaporto è un po’ sciupato. Perché?” “E’ vecchio, lo uso spesso” “A quale paese si riferisce questo timbro?” “Non leggo l’arabo” “Ha amici in Yemen?” “No” “E’stato anche in Tunisia?” “Sì” “Quali altre lingue conosce?” “Francese e spagnolo” “Dove le ha imparate?” “Il francese in Francia, lo spagnolo in Spagna” “In Spagna?!” Riesco infine a dire: “Mi piace viaggiare” “Beato lei!”
Finalmente libero!
almeno, fino al controllo seguente…
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