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Cosmogonia del viaggio

Come chiamare quella leggera sensazione di planata sulla realtà che il viaggio può regalare? Potrebbe non succedere mai, ma potrebbe anche accadere che, ad un certo punto del vostro andare, la realtà sembrerà scorrere dolcemente sotto di voi, vi sentirete sospesi sopra di essa, un poco più’ alti, in una strano volo radente sugli eventi. Io lo chiamo “il volo”. E’ uno stato di grazia, una fortuna, in fondo il segno che il viaggio sta funzionando e non lo state subendo. Ma e’ anche uno stato di predisposizione dell’anima: per raggiungerlo occorre porsi disponibili al distacco dal piccolo che c’è in noi, dimenticando un poco se stessi, abbandonando quel respiro corto in cui la vita di tutti i giorni a volte ci reclude. Se viaggio può essere il mezzo per tentare di allargare la prospettiva sulla vita, allora il volo rappresenta il “come” riuscirci. Dicevo, potrebbe succedere che ad un certo punto vi potreste sentire come di aver varcato una frontiera, una barricata di convenzioni tra voi itineranti, magari stranieri, e la realtà del luogo, i suoi abitanti le sue abitudini. Inizierà’ in quel momento lo stato di “volo”, il primo scalino verso l’essenza ultima del viaggio. E non serviranno soldi, mezzi, guide. Almeno non basteranno. Sara’ sufficiente un sorriso, un invito, un po’ di coraggio, una scusa, un incidente e tanta, tantissima umiltà. L’umiltà’ di stare ad ascoltare, il coraggio di andare oltre, l’apertura mentale di guardare al di la’ e l’attenzione di osservare il particolare. E così facendo succederà che la realtà si dischiuderà come un bocciolo, come una porta piccola spalancata su una nuova realtà: sconosciuti amici in un posto remoto inizieranno a chiamarvi per nome, vi inviteranno magari alla loro tavola, vi parleranno come foste da sempre fratelli. Le strade di una nuova città vi sembreranno familiari, un po’ vostre. Avrete spiccato il volo. Ma attenzione a non schiantarvi! Volare non è una condizione banale. Volare e’ una storia a volte rischiosa: più in alto si va, più aumenta la possibilità di cadere a terra e farsi male, essere trascinati in situazioni non gestibili, magari pericolose. E perché’ direte voi? Il problema sta nel secondo gradino: “il flusso”. Che cosa e’ il flusso? È’ una corrente, in genere ascensionale che si manifesta un po’ magicamente al decollo del vostro viaggio, potrebbe rappresentare la benzina del vostro andare, certamente ne e’ componente essenziale. È in fondo l’elemento magico e si compone di eventi, piccole o grandi coincidenze, singoli incontri, una musica, un riferimento, ma anche solo di uno sguardo, un ricordo, un’immagine fugace comparsa nel quadrante del vostro finestrino. Da terra non e’ possibile che il flusso possa operare, ma una volta preso il volo quest’ultimo inizierà a spingere sul vostro viaggio e potrebbe spingere forte, fortissimo. Incontrerete forse un tizio che vi ricorderà un vecchio amico, la radio di un bar dall’altra parte del mondo suonerà la vostra canzone, un sacerdote armeno vi dirà le parole che calzeranno perfettamente con il vostro stato d’animo. La strada in qualche modo sembrerà parlarvi. Attraverso mille elementi differenti il vostro stesso andare sembrerà una lingua fatta per voi, che solo voi potrete capire, che solo voi potrete decidere se ascoltare oppure no, se assecondare oppure no. La regola e’ semplice ma non facile da applicare: più si segue il flusso più si va veloce. Più si va in alto più aumentano i rischi. Cambia lo stato mentale, diventa tutto più interessante, più denso e meno controllato perché a gestire il volo, oltre a voi, ci sara’ anche un altro elemento: il flusso appunto. Quest’ultimo non è una variabile costante, non può essere oriento o previsto. Puo’ essere solo gestito. Con il tempo ed un po’ di pratica imparerete a a capire quando lasciare che sia la potenza a condurre il volo lasciando che gli eventi corrano oppure a frenare e discendere piano piano intuendo il possibile rischio di trovarsi oltre la linea d’atterraggio. Immaginate di tornare bambini e di andare in altalena. Siete stati voi a voler salire, voi a dare l’abbrivio: ora braccia amorevoli vi danno la spinta. Fosse solo per voi, chiedereste sempre più velocità, sempre più altezza, senza sapere che una volta lassù’ non sareste in grado di gestire la condizione si sospensione. Ed allora braccia amorevoli, andando oltre la vostra immatura volontà, misureranno il volo, la spinta, il flusso. Ecco, la situazione in fondo e’ simile ma la spinta di viaggio sara’ molto più’ potente e nessuno gestirà la planata al vostro posto….

Quattro ore di bus possono produrre una quantità’ notevole di cazzate filosofiche. Perdonatemi. Ma a parte queste deliranti cosmogonie di viaggio, sulla carta del mio taccuino rimane la giornata di oggi. Una giornata sorprendente in cui andando solo, in una città’ remota, ho conosciuto mille persone, ricevuto tanto e volato un poco, semplicemente assecondando il flusso, che, sebbene evocato, tardava a soffiare. E così e’ successo che Gracias, una piccola cittadina del nord ovest dell’Honduras e’ diventata un po’ mia, e’ successo che che ho vagato tra le sue vie con la confidenza di chi è qui da tempo. E’ successo che allontanandomi, un gruppo di bambini mi ha chiamato per nome augurarmi, in coro, buon viaggio; e’ successo che mi sono ritrovato come partecipante al consiglio comunale, che ho discusso con il sindaco di un posto che fino a ieri non sapevo nemmeno esistesse. È successo che se mai un giorno dovessi tornare troverei una casa, un letto e tanti sorrisi di bentornato. Nulla di così incredibile, semplicemente il viaggio ad un certo punto e’ decollato.

Fuori scorrono le montagne intorno a Copan, mi arrendo al tentativo di descrivere lo stato del mio spirito.

Bollettino meteo: “Gracias, Honduras, 2 Ottobre 2012 Il volo qui e’ leggero, la spinta buona, non potentissima ma positiva. Il flusso e’ lieve ma costante, così come il ritmo, dolcemente lento. Attenzione ai temporali improvvisi. A voi tutti, un buon volo ed un buon viaggio.”

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