di Marta Mosca
Eccomi qua. Finalmente arrivata a destinazione dopo ore di volo a pensare come sarebbe stato il mio arrivo in Senegal. Non mi sbagliavo: scesa all’aeroporto di Dakar, dopo qualche istante sono già ubriaca di Africa, pervasa dal suo odore caldo e avvolgente che mi rapisce e mi fa immediatamente innamorare un’altra volta di questa terra. So per certo che qua starò bene.
Il giorno successivo raggiungiamo la nostra meta: il Campement Le Walo, situato al nord del Senegal vicino al confine con la Mauritania, tra Saint Louis e Ross Béthio. La struttura è stata costruita su un territorio molto esteso; su collinette di sabbia sorgono cinque piccoli bungalow costruiti in stile tradizionale destinati all’alloggio dei turisti, una cucina, una sala polivalente e al centro campeggia una grande tenda mauritana che regala un fresco riparo dal rovente sole africano.
Durante la prima settimana andiamo a visitare Savoigne Peulh, uno dei due villaggi situati vicino al Campement. Ci arriviamo in calesse, consueto mezzo di trasporto utilizzato come taxi. Fantastico! Non inquina e offre l’opportunità di assaporare lentamente il paesaggio che ti circonda. Una volta giunti a destinazione, ci fermiamo all’ingresso del villaggio e dopo poco veniamo accolti da un nugolo di persone in abiti sgargianti che ci invitano ad entrare. Canti, mani che battono a ritmo di musica, bambini chiassosi e soprattutto ansiosi di scrutare per bene noitubab (i bianchi). Un’onda di calore mi invade e mi scuote. Mi viene da piangere, non riesco a trattenere le lacrime dall’emozione e ho lo stomaco che mi si attorciglia. L’accoglienza di questa gente mi scalda il cuore. L’intero villaggio ci dà il benvenuto e subito le donne dispongono a terra una grande stuoia su cui ci accomodiamo per assistere allo spettacolo…
Un gruppo di musicisti suona divertito. In un grande mortaio le donne pestano il miglio con dei lunghi bastoni per poi preparare prodotti della loro cucina tradizionale. Gente che canta. Gente che batte le mani a ritmo di musica. Gente che balla. Intanto igriot ci annunciano a gran voce a tutto il villaggio spiegando il motivo della nostra visita. Poi viene preparata anche la simulazione di un tipico matrimonio peulh. Tutto avviene in un totale caos ordinato, dove ogni azione ha un profondo significato culturale. Questo fermento è coinvolgente e le loro fragorose risate sono contagiose.
Torniamo al Campement frastornati ed entusiasti pensando che questa sarà la prima di una lunga serie di esperienze indimenticabili qui in Senegal.
Oltre al lavoro previsto dal progetto, fortunatamente abbiamo la possibilità di fare un po’ di turismo, responsabile ovviamente! Durante la prima settimana visitiamo il Parco nazionale degli Uccelli di Djoudj che si trova sul delta del fiume Senegal 15 chilometri a nord di Ross Bethio. Creato nel 1971, dieci anni dopo viene dichiarato dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’Umanità. Irrinunciabili sono le escursioni in piroga, il miglior modo per osservare da vicino le meraviglie di questo parco.
Il nostro primo week-end in Senegal lo passiamo a Saint Louis, ridente cittadina in stile coloniale che si affaccia sull’oceano. Arriviamo all’Auberge de la Jeunesse, l’ostello in cui pernotteremo, posiamo gli zaini e via, a passeggio per le strade colorate della città. In tempo zero una frotta di venditori ambulanti, particolarmente numerosi a Saint Louis, ci si ammucchia intorno proponendoci abiti coloratissimi, collane, bracciali, statuette in legno, insomma, tutto ciò che potevamo comprare come souvenir per ricordarci di essere stati in questa bella cittadina. Un po’ pressanti ma simpatici! Molto caratteristico è il mercato del pesce. Donne indaffarate che dispongono il pesce sui banchetti, strade brulicanti di gente e calessi tutti agghindati, decine di grandi piroghe dai colori vivaci disposte in fila al porto in attesa di partire per la pesca, bambini curiosi che dopo aver dato una sbirciata veloce fuori dalla porta di casa rientrano per ripararsi dalla canicola pomeridiana. Uno spettacolo da non perdere! Proseguendo sulla strada principale si arriva fino alla spiaggia dove ci godiamo le ultime ore del pomeriggio, le più belle, quando il sole inizia a calare e si fa avanti la frescura della sera.
Dopo un bel fine settimana eccoci di nuovo al Campement, pronti per una settimana di lavoro. Rastrelli, pale e picconi ci aspettano per ripulire il terreno da erbacce e sterpaglia. Ci mettiamo all’opera cercando di abituare il nostro corpo alla calura africana e dopo qualche giorno terminiamo la pulizia con buoni risultati. Intanto grazie al lavoro comunitario, dove si condividono gioie e dolori, il gruppo si unisce sempre di più. Stiamo diventando una vera e propria squadra e le difficoltà pratiche legate al contesto, dovute più che altro alla mancanza di materiali necessari per svolgere certi tipi di lavori, ci insegnano l’arte dell’arrangiarsi e che in fondo niente è impossibile se si vuole davvero raggiungere l’obiettivo prefissato. E comunque… inshalla! in qualche modo Dio provvede. Questa diventa la nostra filosofia di vita e anche un ottimo sistema per affrontare le complicazioni impreviste senza scoraggiarsi. Poco alla volta il Campement inizia a cambiare aspetto. Piantiamo fiori e alberi da frutto, costruiamo piccoli sentieri per unire la cucina e la sala polivalente ai bungalow, imbianchiamo questi ultimi internamente e pitturiamo porte e finestre per dare un tocco di colore. Un po’ titubanti sul risultato dei lavori, a causa delle condizioni talvolta non proprio ottimali in cui li abbiamo svolti, siamo rincuorati dallo stupore e dai complimenti di chi il Campement lo aveva visto all’inizio e poi a lavoro finito senza visite intermedie. Ai loro occhi il cambiamento è risultato lampante e noi siamo felici di aver contribuito allo sviluppo di questa struttura.
Nel frattempo abbiamo avuto modo di visitare alcuni dei luoghi più belli del nord del Senegal come la suggestiva spiaggia di Taré e il deserto dorato di Lompoul. Indimenticabile il percorso sul cassone del pik-up per arrivare al deserto accompagnati da una guida del posto e dal suo djembé. La sua pelle d’ebano scintilla sotto il sole e le sue mani che battono veloci sul tamburo suonano una musica penetrante che ascolto ad occhi chiusi con il vento che mi accarezza il viso. Dopo qualche minuto, eccoci. Apro gli occhi, scendo dal fuoristrada e davanti a me vedo morbide onde di sabbia che cavalco a piedi nudi. Incantevole sensazione.
Ora ho paura di tornare a casa, in Italia. Se prima ero già irrimediabilmente innamorata dell’Africa, dopo questa avventura sarò davvero perduta, irrecuperabile! Questa è stata una vera esperienza di Senegal e tornerò a casa con qualcosa in più. Con l’immensa gioia di aver conosciuto questo paese e la speranza di tornarci…
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