di Giuliano Prandini
Ritorno dopo pochi mesi a Mosca con alcuni osservatori dell’associazione Annaviva di Milano. Incontreremo difensori dei diritti umani, giornalisti indipendenti, seguiremo lo svolgimento delle elezioni. La sera, all’arrivo, la città è coperta di neve, fa freddo ma ci siamo preparati per l’inverno russo. Visitiamo, a circa cinquanta chilometri da Mosca, la scuola per orfani e ragazzi con famiglie bisognose fatta costruire dal magnate Mikhail Khodorkovski, prigioniero di coscienza in carcere da nove anni. La scuola ospita 180 studenti provenienti da tutto il paese, ci sono i figli di genitori morti durante il sequestro al teatro Dubrovka di Mosca, quelli tenuti in ostaggio nella scuola di Beslan, vediamo la foto della figlia di Natalia Estemirova, assassinata nel 2009 e ci sono anche i figli di agenti del Fsb (l’ex Kgb), perchè nessuno viene discriminato dice la madre che ci accoglie all’ingresso. Una bacheca aggiorna ogni settimana sugli sviluppi del caso Khodorkovski. Con Putin al potere la madre teme che suo figlio non verrà liberato e solo l’attenzione internazionale garantisce che almeno non verrà ucciso. Ricorda che “sono circa 300.000 le persone in carcere per reati economici, sono la parte più viva del paese, non hanno fatto nulla, semplicemente qualcuno ha voluto impadronirsi delle loro attività”. Gli investitori stranieri intervengono solo per firmare progetti a breve termine e poi se ne vanno, c’è poca fiducia nella libertà d’impresa, solo in gennaio sono stati persi undici miliardi di dollari di investimenti. La scuola è moderna, gli studenti eleganti nelle loro uniformi da collegio anglosassone, ci sorprende quanto siano ed cati e nella classe di inglese spieghiamo perchè siamo venuti in Russia. Vedo studenti abbracciati a Marina e Boris, i genitori di Khodorkovski, l’impressione è di serenità e impegno.
Alla “Novaya Gazeta”, il giornale di Anna Politkovskaja, informiamo il vicedirettore Vitaly Yaroshevsky che il comune di Milano ha in questi giorni approvato all’unanimità una mozione per dedicare una via, una piazza alla coraggiosa giornalista. Prevede la vittoria di Putin ma scriverà che la vita non finisce; nessun commentatore si aspettava che il popolo di internet riuscisse a contrastare le televisioni, per l’80% controllate dallo stato, e a mobilitare decine di migliaia di persone, ma è nato un paese nuovo e il regime è spaventato. Il suo giornale pubblicherà uno studio dell’istituto di relazioni internazionali Chatham House di Londra, Ancora Putin: Implicazioni per la Russia e l’Occidente, sul pericolo che la corruzione in Russia possa contagiare l’Europa. Nel linguaggio politico sono entrati nuovi termini, berulsconisazia, shröderisazia, le questioni tra i paesi vengono decise privatamente in ville e non in sedi istituzionali.
Con Vera, la figlia di Anna Politkovskaja, parliamo delle imminenti elezioni. Non è ottimista, il regime non è democratico, la “Novaya Gazeta” è stata privata dei finanziamenti, ci sono notizie di brogli ma comunque in tanti credono a Putin e al suo slogan che se non verrà eletto il paese crollerà. Come il clima sia cambiato ce lo spiega il blogger Philipp Dzyadko, giovane direttore della rivista “Bolshoi Gorod” (Grande Città), letta da 300.000 utenti. Sorridiamo quando racconta che se una ragazza sa che voti per Putin non ti darà il numero di telefono.
Decidiamo un’ incursione pacifica, andiamo nei giardini di Komsomolskij Prospekt e mettiamo le foto di Elsa Kungaeva e Anna Politkovskaja accanto al cippo del colonnello Yuri Budanov, l’assassino della giovane cecena Elsa Kungaeva, condannato a nove anni di prigione e poi ucciso da sconosciuti, probabilmente ceceni. La sera delle elezioni assistiamo alla manifestazione in favore di Putin nella Piazza del Maneggio, a pochi passi dalla Piazza Rossa. Lo spiegamento di forza è impressionante, migliaia di poliziotti, metal detector, bandiere russe, musica ad altissimo volume. A pochi metri di distanza, in quello che da noi sarebbe un centro sociale, i leader della nuova opposizione rilasciano interviste. La sproporzione non potrebbe essere maggiore, eppure sono loro che interpretano la nuova Russia e mobilitano decine di migliaia di cittadini. Prima di rientrare Friederike Behr, ricercatrice di Amnesty International a Mosca, ricorda le gravi violazioni dei diritti umani: prigionieri di opinione, limitaziomi alla libertà di espressione, tortura, persone scomparse, uccisioni extragiudiziarie. Ma la gente ora è decisa a cambiare.
Il blogger Philipp Dzyadko, direttore della rivista “Bolshoi Gorod” (Grande Città).
Vitaly Yaroshevsky, vicedirettore della “Novaya Gazeta”.
Arresto a Mosca di Aleksey Navaly, blogger e attivista russo, ispiratore delle manifestazioni anti-Putin
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